giovedì 17 luglio 2008
L'ELETTRICITA' A PIGNA E NELLA VAL NERVIA
La Centrale era adiacente al fiume, in corrispondenza della casa di Minico U Cioca (bivio di Gouta).
Nel 1925, a causa di un ingrossamento del Torrente Nervia, e di una frana che aveva portato via il canale d'acqua che alimentava la turbina, la centrale viene spostata più a monte dove si trovava già la segheria ed un frantoio di Giacomo Manesero.
In un primo tempo Marcello aveva previsto di fornire energia elettrica oltre che a PIGNA, anche a Isolabona ed a Apricale. Tuttavia, nel 1927, Marcello che aveva due figli impiegati in altre attività, e che non avevano intenzione di rilevare la Centrale, la vende per 60.000 lire a Giacomo Manesero. Il frantoio ed i suoi macchinari vengono trasferiti a Lago Pigo, nel frantoio dei Manesero (Antonio).
Giobatta Manesero filgio di Giacomo (1850-1928), potenzia la Centrale; compra una turbina e un alternatore, aumenta la portata del canale a 300 litri al secondo attraverso una caduta di 15 metri, producendo una potenza di 45 cavalli. La segheria viene collegata alla Centrale, ed alla sera, quando la segheria si ferma, viene erogata energia elettrica a PIGNA.
All'inizio degli anni '30 si verifica un considerevole aumento dei consumi, nuove utenze si collegano, ed in particolare le fallegnamerie di Censin e di Belolo, allora si rende urgente il potenziamento del canale, aumentandone la portata a 600 litri al secondo e arrivando a 90 cavalli di potenza. Ciò era possibile solamente nel periodo invernale, quando maggiore era la portata del torrente Nervia. Allora Giobatta Maneserero compra una caldaia a vapore, che durante il periodo estivo faceva funzione la segheria e la sera andava in ausilio alla centrale elettrica.
Nel 1934 viene portata l'energia elettrica a Castelvittorio.
Nel 1936 per fronteggiare l'aumento dei consumi, Giobatta Manesero compra a Genova dalla ditta S. Giorgio, un motore industriale per la produzione di energia elettrica, il motore di fabbricazione tedesca era alimentato a gasolio.
Nel 1950 per far fronte ad una sempre maggiore richiesta di energia elettrica, i Menesero comprano un nuovo motore (per nave) a Savona il quale alimentato a gasolio, forniva una potenza di 150 cavalli.
Questo motore ancor'oggi è presente sul posto.
Nel 1959 per riuscire a fronteggiare in insistente aumento dei consumi ed alle proteste degli utenti, una linea di 12.000 volts è congiunta alla società CELI, (attraverso una cabina a Isolabona). Con questa linea ausiliaria l'energia diviene sufficiente in paese. La cabina con i trasformatori: 12.000/125/220/ e 380 trifase per uso industriale, erano collocate a S. Tommaso. presso Villa Lucrezia, e nel campo Giaira (attuale campo sportivo).
Nel 1965 in seguito alla legge di Nazionalizzazione dell'energia elettrica la centrale viene comprata dall'ENEL che, per disposizione di legge, fa demolire tutta la parte elettrica. In questo momento, la centrale serviva 1500 utenze tra i paesi di PIGNA e Castelvittorio.
Giobatta Manesero, l'uomo che aveva seguito passo passo la crescita della centrale, rimane colpito da questa inutile distruzione. Per lui serebbe bastato farla funzionare, anche se scollegata dalla linea.
I lavoratori della centrale erano:
Manesero Giobatta
Manesero Giulio
Manesero Luigi
Littardi Giuseppina (la moglie di Giobatta, curava la parte amministrattiva)
Giauna Giacomo (Giacò U Magiu)
Giovanni Franchini (Crataccio)
Caviglia Aldo (di Castelvittorio)
Littardi Mario (Mariu U Cera)
(queste informazioni sono state gentilmente fornite da Manesero Giulio).
1901 - mese di Ottobre, Festa di S. Tiberio.
La prima comparsa in casa del sig. Marcello Grillo al Corso De Sonnaz della luce elettrica.
Dicembre: festa solenne di natale. Alla messa di mezzanotte al Gloria compare per la prima volta la luce elettrica in chiesa e nei principali posti del paese.
1902, Gennaio: Collaudo di detta luce elettrica con l'intervento del Sottoprefetto di Sanremo, con altri personaggi e consiglio di questo Comune in casa di Toesca Antonio.
(Dal Diario di Lodovico Rebaudo, mio nonno - Mario Luigia Littardi).
A Buggio una centrale elettrica venne istallata nel 1928 (un pilone è ancora visibile). E un farmacista, Giovanni Pastore il finanziatore di questa centrale che portava la luce a Buggio dal 1928.
LA RIVOLUZIONE DELL'ELETTRICITA'
Numerose sono le richieste di deviazione di fiumi per alimentare mulini e frantoi. Mentre l'irrigazione a grande scala della vallata della Durance comincia nel XVI secolo, alla stessa epoca sono sistemati mulini e frantoi sul Roja, sotto Fontan (mulini d'Ambo). Uno sarà trasformato nel 1903 in centrale elettrica.
Nelle Alpi Marittime l'acqua è usata molto presto per produrre l'elettricità: le prime fabbriche d'elettrictà appaiono presso il Pont Du Loup (1866), a Siagne (1886), a Plan-Du-Var (1896) e alla Mescia (1897). un'altra innovazione sarà il trasporto dell'energia idraulica: il fisico e elettrictà francese Desprez fa una prima dimostrazione di trasporto dell'energia in corrente continua tra Vizille e Grenoble (14Km) nel 1833. Poi l'invenzione del trasformatore da Gaulard e Gibbs nel 1885 permetterà di trasportare l'energia su più lunghe distanze. Ormai l'energia elettrica non è più prigioniera del luogo di Produzione!
Già nel 1893 Nizza s'illumina. Nello stesso anno, la strada principale e la chiesa di St-Martin-De-Vésubie sono illuminate grazie all'ingeniosità di un arigiano, Joseph Mottet.
Dal 1901 Faraud e Piccini chiedono di utilizzare il fiume Roudoule per alimentare una fabbrica idroelettrica, alfine di illuminare le strade di Puget-Théniers, allora Sotto-Prefettura. Sarà fatto nel Febbraio 1902.
A Breglio, Augustin Cachiardi, proprietario del frantoio della Gravera e di un albergo, colloca un generatore elettrico sull'albergo-motore del suo frantoio già dall'anno 1901 può illuminare le sue proprietà. Nel 1903 la strada di Breglio sranno illuminate da una centralina che porta la conrrente anche a Mentone. la conessione di produrre l'energia elettrica a Breglio farà oggetto di numerose prolemiche per lunghi anni... A Fontan, Pont d'Ambo, dall'anno 1903 una centralina sistemata al posto di un antico frantoio produce luce pubblica per Fontan e Saorgio. Negli anni '20 la gestione dell'elettricità sarà ripresa dalla SEELM: Société d'Energie Electrique du Littroral Maditerranéen che gestiva la produzione d'energia per i numerosi tramways di Nizza e nelle vallate delle Alpi Marittime. Poco dopo un'altra compania, la Société Hydro-Electrique du Sud-Est si attiva nella zona. L'episodio dei pionieri è finito!
giovedì 10 luglio 2008
ALCUNI PROVERBI PIGNASCHI
- In Se I Bagnai L'Aiga Ghe Schia
- Pistar L'Aiga In Tu Murter
- Aiga Che A Cure A Nu L'Acampa Nita
- Andar A L'Aiga Cun Un Cavagnu
- Anger In t'In Gotu D'Aiga
- Candu Turage U L'A A Cantira L'Aiga A L'E' Seghira
- Candu Turage U L'à U Caper, Pastur Piàte U Guner
- Candu Turage U L'à U Cular, Pastur Nu T'Aluntanar
- Se Turage U L'à U Caper O Cu Cevie O Cu Fa Ber. Se Turage U Nu L'à Ren De Titu O Cu Fa Ber O Cu Fa Britu
- Rusciore De Matin Aiga E Ventu In per U Camin. Rusciore De Seira, Aiga I Se Riferma.
- A Spusa Che A Se Bagna I pei, L'Anu Dopu I SUn In Trei
martedì 8 luglio 2008
A LESCIA - IL GRANDE BUCATO

Lavandaie AiPonti, PIGNA
A VEIJENDA

GIACO' MAESTRETTU (Giacomo Trutalli) Al BEAR di Alto Moro
giovedì 3 luglio 2008
L'IRRIGAZIONE
Ogni "BEAR" aveva il suo regolamento:
L'acqua del "BEAR" dell'Alto Moro era divisa ad ore (ancora oggi) sulle 24 ore, incluse la Domenica, ed ad ogni proprietario era assegnato un numero d'ore articolate e calcolate in base alla grandezza del sito.
Perciò si potevano aver assegnato delle ore anche notturne.
Esiste ancora oggi il consorzio dei proprietari (una quarantina) che si dividono e gestiscono l'acqua dell'Alto Moro.
Il "BEAR" delle Carsee aveva un regolamento diverso. Di Domenica l'acqua era libera alla Veijenda(vedi): venne deciso che chiunque avesse avuto bisogno di acqua, stabilita nella misura di un'ora, si sarebbe dovuto recare sulla mulattiera detta a Tira in prossimità del sito di Casciun e lì, essendovi una bella pianta di fico, vi avrebbe appeso uno straccio facilmente identificabile, ed appendendolo nella parte più alta della pianta, aveva di conseguenza di innaffiare per primo.
Le tecniche dell'irrigazione sono usate in numerose zone delle Alpi Meridionali che non mancano d'acqua ma il suo controllo e la sua distribuzione sono strettamente regolari per la coltivazione e per la produzione di fieno. In zone umide del versante nordalpino l'irrigazione serviva soprattutto per l'arricchimento e il riscaldamento precoce dl terreno. Numerosi archivi testimoniano che i problemi d'irrigazione son tra le prime preocuopazioni della comunità. Nelle Alpi Marittime, a Puget-Théniers, il più vecchio documento per la distribuzione dell'acqua è una pergamena del 1430. Un regolamento scritto in provenzale nella metà del Cinquecento stabilisce i diritti all'acqua di ognuno e punisce il nonrispetto delle regole. Così, prevede che l'acqua sia riservata ai cittadini il Mercoledì, Venerdì, Sabato sera e Domenica, mentre gli altri giorni può venir usta dai mulini e frantoi, ad eccezione dei casi d'incendio, ecc...
Altri archivi indicano la costruzione di canali dalla metà del Seicento. Il sistema è sempre identico: un canale principale alimenta canali secondari per portare l'acqua nei campi. l'irrigazione serve anche alle industrie locali, che lavorano cuoio, la calce, alla miniera di rame, i mulini sul fiume Roudoule, qualche segheria...
I turni dell'acqua sono proporzionali alla superficie dei campi. Dalle 9 di sera alle 3 del mattino l'acqua è considerata libera ed è destinata al mulino o alle industrie locali. Ci sono tracce di questo tipo di organizzazione locale del Settecento.
Essenziali per lo sviluppo della prima agricoltura, nell'epoca neolitica, le più antiche tecniche d'irrigazione sono osservate nel VII millennio in Anatolia e in Irak. Prima l'attività agricola era soltanto praticabile in zone abbastanza umide o dove le piogge annuali potevano assicurare il raccolto. I lavori d'irrigazione in zone troppo secche e di drenaggio in zone troppo umide richiedevano uno sforzo collettivo importante per tutta una comunità al fine di scavare canali, costruire dighe. La pratica di quetse tecniche rese possibili lo sfruttamento delle grandi vallate: del Tigri, dell'Eufrate, del Nilo, dell'Indus, che prima erano devastate da alluvioni. Così la regolarità delle produzioni agricole permise l'acumulo di riserve per la comunità e favorì la condizioni di vita per creare le prime città e i primi imperi.
domenica 29 giugno 2008
LE FONTANE DI PIGNA + LAVATOIO
Fontana d'Anzerin o Fontana dei "Peugli"
Fontana Dei Pignaschi (Alla "Grotta Di Loudes")
Fontana dei "Canui" (Citata nel 1575, All'Orgine era contro il muro della Chiesa Parrocchiale)
Fontana di "Dereca" (Piazzetta Santa Croce)
Lavatoio (Piazzetta Santa Croce)
sabato 28 giugno 2008
LE FONTANE
Le fontane estitono dall'antichità. La parola "Fontana" deriva da fonte indica una sorgente o una costruzione che integra una canalizzazione.
Le funzioni delle fontane erano:
- Portare l'acqua da bere alla popolazione (tutte le misure saniterie dovevano essere prese per evitare l'inquinamento delle fontane portatrici di tifo).
- Portare l'acqua negli abbeveratoi per gli animali.
- Portare l'acqua per il bucato.
Le fontane rustiche non hanno grande decorazione, sono funzionali, servono a preservare la purezza dell'acqua per gli abitanti e portarla il più vicino alle case.
Probabilmente il più antico tipo di fontana è quello sistemato sul posto dove sgorga una sorgente: all'entrata di un paese (con la fontana d'Anzerin, o la fontana dei Pignaschi). Un muro è costruito attorno alla sorgente, sul fondo delle lastre di pietra permettono di mantenere un'acqua pulita, senza terra.
L'acqua è condotta da un coppo, oppure da un tubo. Nella vasca possono bere gli animali, e il troppopieno dell'abbeveratoio serve come lavatoio.
Le fontane con un muro costruito o un reparto a volta evidenziano meglio l'aspetto di luogo di incontro sociale. Offrono anche un lavatoio che invita a rimanere per chiacchierare. Per esempio, la fontana Fredda a PIGNA, o la fontana della Piazza a Castelvittorio.
Altre fontane con una vasca poligonale, rotonda o quadrata, sono più prestigiose, ubicate nel centro di un villaggio, di una città, su una piazza, come la fontana d'Isolabona, datata 1486. Numerose fontane di questo tipo "centrale", inoltre dall'aspetto utilitario, sono state costruite nell'Ottocento anche per essere viste.
Da notare che ogni paesino ha un predilezione per un tipo di fontane: a PIGNA hanno qualche volta una vasca fattad a pietra di un gumba recuperato, quelle di Dolceacqua sono spesso vasche rettangolari scavate in pietra, quelle di Perinaldo sono di forma arrotondata, ecc....
A PIGNA ci sono 16 fontane:
- Fontana d'Anzerin (o dei Pignaschi)
- Fontana dei Pignaschi (alla "Grotta Di Lourdes", all'entrata del paese)
- Fontana del Fossarel
- Fontana del Borgo
- Fontana Dei Canui (Citata gia nel 1575, all'orgine era contro il muro della Chiesa Parrocchiale)
- Fontana Piazza Castello
- Fontana di Dererca (Piazzetta Santa Croce)
- Fontana dei Ponti (Villa Isnardi)
- Fontana della Villa
- Fontana di Carriera Piana
- Fontana Via Colla
- Fontana di Pecastel
- Fontana Via Ponte
- Fontana Catru Camin
- Fontana del Ponte de A Giaira, o dell'U Bagu o Fontana Fredda
- Fontana nel Parcheggio (Corso de Sonnaz)
A Buggio ci sono 7 Fontane:
- Via Speroun (2 Fontane)
- Via Prearba (2 Fontane)
- Via Parrocchia
- Via IV Novembre
Fontana dei Ponti (Villa Isnardi)
venerdì 20 giugno 2008
ST'ANU CHE VEN
La moglie di uno dei contadini (Tin di Giacò) spiega al notabile la controversia sorta:
"In località Marelae, ove abbiamo il terreno che lei ben sa, ebbene li abbiamo un appezzamento coltivato a canapa e a fagioli. Stasera mio marito è andato a innaffiare e questo furbacchione di Marco a chiuso l'acqua, così mio marito gliene ha detto quattro. Allora Marco spezzante ha risposto che noi non abbiamo diritto all'acqua, e invece anche noi vantiamo tale diritto tant'è che mio suocero era in possesso del relatitov atto, atto che poi si è deteriorato a una cassapanca nel sottotetto perchè il tetto aveva delle lastre rotte. Allora ho detto a mio marito - Vai dal Sigro Gioacchino, che è una persona istruita, che ti faccia una lettera al giudice e poi chi ha il miglior filo fal la miglior tale."
Il notabile redige quindi la lettera al Giudice:
"10 Agosto 1870, il sottoscritto Allavena Giacomo fu Giacomo, residente e abitante a PIGNA, di anni 39 circa, proprietario contadino di un terreno ortile sito in regione Marelae, gode del diritto all'acqua che passa nel beodo proveniente dal vallone per innaffiare la canapa e i fagioli che sono piantati nella sua proprietà da tempo immemorabile. Cionostante, la parte contraria, il signor Marco Lantero, ha tolto l'acqua dal bedo con prepotenza e gli ha impedito di innaffiare. Il sottoscritto si rivolge gentilemente al signor Giudice perché detti la sentenza in suo favore."
L'istanza viene naturalmente sottoscritta con una croce dal richiedente e accompagnata dalla dichiarazione di un testimone che, con notevoli fatiche riesce ad apporre la propria firma. Ci pensano gli eventi naturali a risolvere la controversia: un vilento temporale distrugge tutto il raccolto. I due contadini non hanno pertanto più motivo di litigare, la lettera viene dimenticata in un cassetto. L'anno venturo si vedrà.
INTRODUZIONE
Già dal 1997 sentiamo a PIGNA il desiderio di fare una mostra d'estate sul tema dell'acqua. Poi nel frattempo avevano scelto dei soggetti forse più facili come: "La Pastorizia", "La Banda Musicale l'Alpina", "La Fede e il Quotidiano", La Lavanda, un profumo del passato".
Quest'ultima dello scorso anno, manca una tappa nella vita del Museo di PIGNA. Destinata a ricordarci un'attività montana e un'industria oggi sparite, la raccolta della lavanda e le sue distillazioni ci ha fornito l'occasione di concepire una nuova presentazione di una sala dedicata alle attività tradizionali della Montagna, oggi perse (includendo anche ovviamente la Pastorizia).
L'anno 2002 è stato decisivo per la ristrutturazione e l'organizzazione del Museo. Dall'inizio dell'anno il Museo si è dotato di un regolamento che ne stabilisce lo scopo e il modo di funzionamento, approvato dal Consiglio comunale e, in conformità a questo regolamento, sono stati nominati un direttore scientifico e un Consiglio del Museo di quattro membri.
Nell'inverno 2002/2003, da conversazione con H. de Lumley, Professore al Museum d'Histoire Naturelle de Paris, fondatore del Museo di Tenda, con A. Echassoux, archeologa dipartimentale delle Alpi Marittime e con i miei colleghi del Musée des Merveilles, che avevano il progetto di presentare una mostra sul tema dell'acqua, è nata l'idea di unire i nostri sforzi nello scopo di compiere un avvenimento transfrontaliero.
Il Museo di Tenda, la cui vocazione principale è di preparare il visitatore al circuito delle incisioni rupestri del santuario preistorico del Monte Bego, organizza ogni anno una mostra provvisoria lagata al sito (alla sua epoca, l'età del Rame, l'età del Bronzo, ai motivi delle incisioni, come il Toro, tema della mostra dell'anno 2002). E' stata dunque decisa un'operazione originale: fare contemporaneamente una mostra sul tema generico "L'uomo e l'acqua nelle Alpi Maridonali", una parte organizzata a PIGNA "L'Acuq Racconta" più orientata sull'uso dell'acqua, la sua importanza nella vita contadina tradizionale, l'aspetto dell'acqua termale e un'altra parte, presentata a Tenda "I Culti dell'acqua dai tempi preistorici", a partire dalle incisioni del Monte Bego, o di offerte in diversi santuari, evocatrici di un culto dell'acqua già nel Neolitico a fino all'età del Bronzo e un proseguimento attraverso il tempo con le chiese e santurari dedicati, soprattutto in Liguria, all'acqua Santa e i culti legati all'acqua nell'epoca recente.
Simbolo di femminilità, di fertilità, l'acqua affascina ed è stata divinizzata nelle nostre regioni d?europa, 4000 anni fa, segno di una coscienza collettiva dell'elemento vitale.
Si dice: "l'acqua è di tutti". Perchè è un elemento tanto Importante? Nella mostra di PIGNA si possono trovare le risposte e capire perchè l'acqua può essere anche oggetto di culto.
Ai piedi delle Alpi Meridionali, nell'alta Val Nervia, numerose sorgenti sgorgano: l'acqua racconta il paesaggio, la montagna, la vita degli abitanti. l'acqua selvaggia, con le alluvioni del fiume, crea disastri registrati nelle cronache storiche e le più recenti, del 1998 e del 2000, hanno lasciato tracce visibili. Paradossalmente qualche processione ai santuari è ogni tanto destinata a implorare la pioggia per salvare i raccolti! L'acqua sottomessa è la conquista più preziosa dei contadini: scorre nei canali d'irrigazione - "beai" - scavati nella terra o nella roccia, accuratamente controllati e puliti, secondi dopo secoli.
Poi è scoperta l'energia idraulica: in una parte era industriale l'acqua fa girare i meccanismi.
Nell'alta Vallata c'è una concentrazione eccezionale di frantoi e mulini in seguito si sono istallate segherie e centrale elttrica. In paese, le fontane, i lavatoi sono spazi di vita sociale. Fonte di purificazione, di salute, di giovinezza, di bellezza, l'acqua miracolosa da mito diventa realtà con le acque termali. La sorgente d'acqua sulfurea del Lago Pigo, primo luogo sacro, con una chiesa costruita sul posto, è sfruttata oggi da uno sabilimento termale per cure terapeutiche e di benessere.
L'acqua dolce è un patrimonio naturale, economico e culturale che lega alla terra, alla generazioni precendenti e all'umanità intera. La ricchezza in acqua in questa zona vicina al Mar Mediterraneo evidenzia un legame con l'ambiente Alpino. però ogni Vallata, ogni paesino offre delle singolarità interessanti.
Devo dire quanto io sia particolarmente felice di realizzare quest'operazione transfrotaliera che era all'inizio unpo' una sfiga. A Tenda, il Musée des Merveilles è un Museo dipartimentale che a 12 anni d'esperienza, una squadra numerosa e, di fronte a esso, il Museo comunale di PIGNA, più giovane, più piccolo, doveva impegnarsi molto.
Questa mostra è presentata nella bella Chiesa di San Bernardo, simbolo della nostra ricchezza in patrimonio del Quattrocento e simbolo anche dei legamicon le Alpi Marittime e la Val Roja: Giovanni Canavesio l'ha affrescata nel 1482, dieci anni prima della chiesa di Nostre Dame des Fontaines a La Briga. Così questa chiesa ritrova anche un ruolo attivo nella vita sociale di PIGNA. Accoglie viandanti di un nuovo tipo, i visitatori della Mostra. Si rafforza anche in questo modo la sua apparenza al circuito museale del paese.
Dal Balcone di Marta si gode un magnifco panorama ul Monte Bego, Tenda a PIGNA distano pochi chilometri. Dividamo una storia, un patrimonio, un dialetto e delle tradizoni comuni. Con i colleghi del Musée des Merveilles e tutti i membri del Comitato Scientifico della Mostra, abbiamo diviso lo stesso desiderio di portare avanti questo progetto, la collaborazione italo-francese ha funzionato perfettamente.
Il tema scelto in quest'anno mondiale dell'acqua costituisce in essenza un perfetto mezzo di comunicazione
giovedì 19 giugno 2008
BOTTEGHE ED ARTIGIANI

IL MUSEO DELLA CULTURA CONTADINA


La bottega del Falegname
Un "Sacùn". Allacciato alla vita a mo' di marsupio, serviva per riporvi le olive cadute per terra e raccolte a mano una per una. Altri tempi. Altri tempi davvero!
mercoledì 18 giugno 2008
GLI EX-VOTO

domenica 15 giugno 2008
L'ARTE

giovedì 12 giugno 2008
I CARUGI
REBAUDO
PIGNA, LE TERRE DELLA LIGURIA
Salendo verso il nucleo medioevale, si trovano i ruderi della grandiosa chiesa romanica di San Tommaso, risalente al dodicesimo secolo. Il loggiato, nella parte superiore del borgo, costituisce un "balcone" naturale, dal quale si ammira un meraviglioso paesaggio: le bellezze architettoniche di PIGNA sono anche rappresentate dalla Parrocchiale di San Michele - situata in Piazza Vecchia - sulla cui facciata fa bella mostra di sé un Rosone in marmo bianco, opera di Giovanni Gaggini, all'interno della Chiesa, l'attenzione viene attirata dal prezioso Polittico "San Michele ed altri Santi", dipinto, alla metà del Quattrocento, dal piemontese Canavesio. Dello stesso autore, PIGNA conserva altri affreschi - la "Passione di Cristo" ed il Giudizio Universale - anche nella Chiesa di San Bernardino (posta accanto al cimitero). La visita di PIGNA, poi, continua nel Museo di Cultura medievale, nel quale sono conservati oggetti del lavoro dei contadini e dei pastori, ma soprattutto - in una sezione all'aperto - il Forno medievale. PIGNA è, dunque, un centro di cultura e, proprio nel segno di questa identità, ogni prima Domencia di Agosto, viene organizato un "Festival della Poesia e della Commedia Intemelia".
Cultura, quindi, ma non solo. La "capitale" della Val Nervia è conosciuta anche per il ricco patrimonio naturalistico, come le Terme, che - già note del Duecento - hanno conosciuto una giusta valorizzazione a partire dalla seconda metà dello scorso secolo, diventando una meta rilevante per i benefici effetti dlle acque sulfuree che sgorgono dalla fonte Maria Assunta.
Tutta la Val Nervia è, comunque, un luogo immenso nella natura: nella parte alta, è possibile praticare il canyoning, ma anche visitare grotte di grande fascino oppure godere del maraviglioso panorama che offrono le cosiddette Piccole Dolomiti, i Monti Toraggio e Pietravecchia.
Dalla gentilezza della terra alla buona cucina, il passo è breve: le specialità culinarie di PIGNA e della Valle Nervia sono molto cosnosciute.
Tra glia ltri piatti (soprattutto a base di "Fagioli" che in questa zona sono ottima qualità), va ricordato il "Gran Pistau", una specialità tipica che lega PIGNA al suo "dirimpettaio" Castelvittorio, arroccato proprio di fronte.
Scendendo da PIGNA, poi, è possibile derivare verso Apricale, un borgo medievale (conserva ancora una parte della cinta muraria e tre porte d'ingresso), disposto a semicerchio intorno al Castello, di notevole interesse artistico e culturale. Al suo interno, sono custoditi i più antichi statuti liguri, rasalenti addiritura ad inizio del Duecento.
Apricale è noto anche per gli spettacoli mesi in scena, durante i mesi estivi, dal Teatro della Tosse di Genova: le vie del borgo vengono popolate, come un suggestivo palcoscenico, da figuranti in costumi d'epoca.
A Settembre, poi, il paese festeggia il dolce tradizonale, con la Sagra della Pansarola, una specie di "Bugia" fritta nell'olio ed insaporita con lo zabaione.
mercoledì 11 giugno 2008
COME RAGGIUNGERE IL BALCONE DI MARTA
lunedì 9 giugno 2008
IL COMPLESSO FORTIFICATO DEL BALCONE DI MARTA

BREVE DESCRIZIONE
Il Balcone di Marta è un costone roccioso che si protende dalla Cima di Marta, situata sullo spartiacque tra le Valli Argentine e Roja, verso la parte mediana di quest'ultima.
Tra il Balcone di Marta e la sottostante altura., denominata Castello di Marta, è stato scavato tra il 1938 e il 1940 il più vasto complesso fortificato in caverna del Vallo Alpino occidentale, costituito da tre opere sotterranee collegate fra loro.
Detto complesso è formato da una batteria di artiglieria, denominata Batteria del Balcone o 605a Batteria, ubicata sotto la Cima del Balcone di Marta, e da due centri di resistenza di fanteria, denominati Centro 35bis e Centro 35, ubicati rispettivamente nel costone roccioso tra il Balcone e il Castello di Marta e sotto il Castello stesso.
Il complesso fortificato si sviluppa orizzontalmente su una lunghezza di circa 550m. e su un dislivello complessivo di ben 135m. (corrispondente a un palazzo di 45 piani!).
Dopo la modifica del confine tra Italia e Francia sancita del trattato di pace del 10 Febbraio 1947 queste opere, assieme a tutto quelle dei dintorni,sono passate in territorio francese.
LA NATURA
I gruppi montuosi del Toraggio e Pietravecchia sono i più elevati delle Prealpi liguri, definite le "Piccole Dolomiti" della Liguria per l'eleganza delle loro pareti rocciose e l'imponenza dei dislivelli.
La nosta montagna custodisce, sotto l'aspetto botanico e faunistico, una ricchezza che ha pochi eguali sulle Alpi. Grazie al particolare microclima vivono, sui Monti Toraggio e Pietravecchia, una infinità di specie botaniche, alcune delle quali sono rari endemismi: convivono, infatti, in questo habitat piante tipiche della zona artica e altre tipiche della mcchia mediterranea.
Sotto l'aspetto faunistico ricordiamo che su Pietravecchia e sul Toraggio vive una colonia di camosci, la più meridionale d'Europa.
Possiamo ancora vedere esemplari di aquiel reali, di biancone, marmotte, ecc..
LE GROTTE
La particolare natura del territorio ha favorito la formazione di grotte che si trovano numerose in PIGNA (oltre 150!). La grotta della Melosa con 235m. di dislivello è la più profonda cavità della Liguria, mentre la grotta dei "Rugli", con uno sviluppo quasi di 2Km, è per estensione la seconda della regione. Da ricordare il suggestivo lago artificiale di Tenarda, unico nella Provincia.
PIGNA

PIGNA pittorica, con le opere più notevoli di Giovanni Canavesio (un artista fecondissimo, attivo tra il 1450 e il 1500): il ciclo degli affreschi della chiesa di San Bernardo e il grandioso Polittico della chiesa Parocchiale di San Michele Arcangelo.
PIGNA delle tradizioni, religiose e profane, con la benedizione delle mandrie, l'offerta degli agnelli alla messa di Natale, l'attesa, coperti solo da un lenzuolo bagnato con una canna verde in mano, dei Re Magi sul ponte di Lago Pigo, gli ex-voto, le confraternite, ora "compagnie", le "masche", ovvero le streghe, che rapivano le giovani fanciulle avventuratesi, nelle ore notturne, sulla strada, le "vegliade" serali per ascoltare, fuori dell'uscio di casa, al chiarore di un lume ad olio, le storie degli anziani e i progetti dei giovani, il "Ciaravigliu", un modo ed assordante per ottenere libagioni gratuite un vedovo passato a nuove nozze.
PIGNA culturale, custode del suo dialetto con una significativa fioritura letteraria di poesie e una brillante produzione teatrale di commedie, che trova annuale palcoscenico nel Festival della Poesia e della Commedia Intemelia. La memoria del luogo, i racconti delle sue pietre e degli ulivi si trovano nel Museo della Civiltà Contadina in Piazza XX Settembre, espressione del ricco universo pignasco, dalle zone più selvagge (la montagna con la pastorizia, le transumanze, la raccolta del miele e della lavanda), alla zona del bosco (con le grotte, le catsgne la caccia), fino al mondo contadino, verso il borgo medievale con le sue case, i monumenti, le opere d'arte e le attività artigianali.
Da PIGNA capoluogo a Buggio, sua frazione, la strada è breve: 5Km in discesa per raggiungere un borgo chiuso, annidato ai piedi del Monte Toraggio, in una conca naturale, cui fanno da cornice i pirmi massicci montuosi delle Alpi Marittime. Nei dintorni dell'abitato, la venerata chiesetta di San Syagrio, il vescovo di Nizza che, visitando Buggio per le cresime annuali, divenuto Santo, ne ebbe dedicato una chiesa. In paese, nei vicoli, su per le stradine, fin sulla rocca, si vive un'atmofera fuori dal tempo, che dispone a passeggiate salutari e ricreative di vigna in vigna, di uliveto in uliveto, su per le "Bandite", verso boschi e pascoli, fino al Monte Ceppo, al Pietravecchia, al Toraggio, a diretto contatto con un'infinità di specie botaniche di grande rarità e con la possibilità di avvistare, sull'antica strada del sale o slu sentiero degli Alpini, marmotte, esemplari di Biancone o di aquila reale, la cui presenza certifica l'ambiente come ancora incontaminato.

domenica 8 giugno 2008
GEOGRAFIA DI PIGNA
Il centro storico è dominato dalla chiesa di San Michele costruita nel 1200 e rifatta nel XV secolo. La facciata in pietra nera, caratterizzata dalla statua di San Michele che uccide il demonio, è impreziosita dal rosone di marmo bianco costituito da dodici colonnine raffiguranti gli Apostoli che convergono al centtro dove c'è il vessillo dell'Agnus Dei. All'interno è conservato il Polittico del Canavesio dipinto nel 1500. A fianco della chiesa si innalza per 56 metri di altezza il campanile con cuspide in pietra squadrata.
sabato 7 giugno 2008
CARLO FEA
Il nome Carlo gli vieni imposto il giorno 7, giorno del battesimo, ed è quello del suo padrino Carlo Doria, Marchese di Dolceacqua.
(Il padre Giuseppe, sembra fosse originario di Buggio. Infatti, nessun Fea appare residente nel capoluogo, mentre questo cognome esiste ancora oggi a Buggio).
La famiglia Fea ha una posizione molto brillante, infatti compera una grande campagna "Veglio". Giuseppe, Sposa Giovanissimo, Margherita Guarini, appartenente al ramo nobile della famiglia Guarini, il lustro del suo nome è la possibilità per i Fea di allargare il raggio delle relazioni. Ecco perchè troviamo come padrino del nostro Carlo, il marchese Doria.
Carlo appena giovanetto inzia i suoi studi, e a Nizza frequenta il liceo, entusiasmato della lettura dei libri, delle bellezze e della storia dell'Antica Roma e avendo avuto promesse di appoggio da due zii che vi risiedevano parte, ancora adolescenti per la città eterna.
A Roma si stabilisce presso uno zio, e li studia filisofia, teologia e giurisprudenza.
Egli veste ben presto l'abito Talare quale fa onore tutta la vita.
Carlo Fea esordisce poi nello studio dell'archeologia, dopo un accurata preparazione storia.
L'archeologia è il suo sogno, egli svolge molte attività in quel campo, diventa consigliere nella commissione di governo per le antichità e le belle arti. Diventa socio di molte accademie: Accademia Romana di Archeologia, di S. Luca, dell'Arcadia, dei Lincei.
In quel periodo a Roma inizia l'epoca in cui si comincia a sentina una certa necessità e grandiosità, il desiderio di un ordinato restauro e di studio dell'antichità. All'epoca di Fea si fonda il museo Chiaramonti, si fanno lavori di isolamento al Phanteon, di rinforzo al Colosseo, di scavo al Foro Traiano, la sistemazione del Pincio e di Piazza del Popolo. (Al Pincio troviamo un busto marmoreo del nostro personaggio).
Fea vive bene fino a 83 anni dopodichè si ammala e muore nel 1836.
I funerali vengono celebrati i modo solenne a spese dello Stato Pontificio. Viene sepolto nella chiesa di S. Lorenzo di Lucina.
A lui è dedicata una strada nel quartiere Nomentano.
PIGNA ne ricorda i natali con la Piazzetta Carlo Fea dove in quel lontano 1753 egli nasce.
Carlo Fea, pur essendo andato via da PIGNA molto giovane, è sempre stato partecipe, a quel tempo, alla'attività del paese, per mezzo della sua famiglia.
Da un'indagine svolta, sono arrivato a conoscere un pronipotedel grande archeologo.
Questa persona, che è ora proprietario di gran parte della campagna "Veglio" ha parlato così del suo avo.
(Premetto che la campagna "Veglio" si trovi ora nel Comune di Isolabona).
Carlo Fea nella campagna che un giorno fu dei suoi genitori ha fatto costruire una chiesa, (da poco restaurata appunto dal S. Rebaudo), dedicata alla Madonna della Neve, una chiesa di struttura esagonale su modello di S. Maria Maggiore a Roma, con un quadro antichissimo e di gran valore appunto dedicato alla Madonna. Da questa costruzione possiamo capire che Carlo Fea era rimasto in contatto con il suo paese natale, ed avevo voluto una chiesa sullo stesso modelli di una di Roma dove egli lavorava e viveva.
Sulla campana c'è una scritta che corrisponde alla data di morte (1836) del nostro personaggio.
Molto probabilmente questa chiesa sarà stata inaugurata in quell'anno e stata poi oggetto di culto per molto tempo. Poi dimenticata e oggi nuovamente restaurata.
PROFESSORE LUDOVICO ISNARDI
Nasce a PIGNA il 22 Settembre 1859, quinto figlio di Filippo e Andrietta Rebaudo.
Nasce in una casa dell'attuale "Via Roma" Allora "Via Maestra". E' un ragazzo vivace e intelligente, dopo aver frequentato le scuole elementari, frequenta il ginnasio e poi l'università laureandosi in medicina, si specializza nella cura delle ossa e si laurea a pieni voto con la tesi "Cura Moderna delle Fratture Complicate".
Lavora molti anni a Torino, dove vive, ma torna molto presto a PIGNA.
CHIESETTA DOVE E' SEPOLTO IL PROFESSORE "MADONNA DELLE GRAZIE"