La moglie di uno dei contadini (Tin di Giacò) spiega al notabile la controversia sorta:
"In località Marelae, ove abbiamo il terreno che lei ben sa, ebbene li abbiamo un appezzamento coltivato a canapa e a fagioli. Stasera mio marito è andato a innaffiare e questo furbacchione di Marco a chiuso l'acqua, così mio marito gliene ha detto quattro. Allora Marco spezzante ha risposto che noi non abbiamo diritto all'acqua, e invece anche noi vantiamo tale diritto tant'è che mio suocero era in possesso del relatitov atto, atto che poi si è deteriorato a una cassapanca nel sottotetto perchè il tetto aveva delle lastre rotte. Allora ho detto a mio marito - Vai dal Sigro Gioacchino, che è una persona istruita, che ti faccia una lettera al giudice e poi chi ha il miglior filo fal la miglior tale."
Il notabile redige quindi la lettera al Giudice:
"10 Agosto 1870, il sottoscritto Allavena Giacomo fu Giacomo, residente e abitante a PIGNA, di anni 39 circa, proprietario contadino di un terreno ortile sito in regione Marelae, gode del diritto all'acqua che passa nel beodo proveniente dal vallone per innaffiare la canapa e i fagioli che sono piantati nella sua proprietà da tempo immemorabile. Cionostante, la parte contraria, il signor Marco Lantero, ha tolto l'acqua dal bedo con prepotenza e gli ha impedito di innaffiare. Il sottoscritto si rivolge gentilemente al signor Giudice perché detti la sentenza in suo favore."
L'istanza viene naturalmente sottoscritta con una croce dal richiedente e accompagnata dalla dichiarazione di un testimone che, con notevoli fatiche riesce ad apporre la propria firma. Ci pensano gli eventi naturali a risolvere la controversia: un vilento temporale distrugge tutto il raccolto. I due contadini non hanno pertanto più motivo di litigare, la lettera viene dimenticata in un cassetto. L'anno venturo si vedrà.
Di CRISTOFORO ALLAVENA detto "CRISTUFIN"
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